Federico Neresini, Professore Ordinario dell’Universita’ di Padova, anticipa i contenuti del suo intervento a RETHINKING AGEING 2019.
Seppur l’invecchiamento abbia basi biologiche, è d’altra parte indubbio che i significati dati a questa fase della vita siano socialmente costruiti, cambiando da società a società e da epoca storica a epoca storica. Tra le diverse retoriche emerse nel corso dei secoli attorno alla cosiddetta terza età, una delle più longeve è quella dell’anti-aging, secondo cui i processi di invecchiamento della persona si possono rallentare se non addirittura fermare.
Oggi il discorso pubblico sull’anti-aging risulta fortemente intrecciato con pratiche mediche che, pur faticando ad essere legittimate dalla comunità scientifica, hanno conseguenze notevoli non solo sul versante clinico, ma anche sugli stili di vita e di consumo delle persone anziane, oltre che sull’immaginario collettivo.
Nell’intervento proposto si mirerà dapprima a esplorare come attorno alle retoriche anti-aging sia nato un vero e proprio movimento composto da scienziati, cittadini, case farmaceutiche e istituzioni di cura. Il movimento anti-aging appare tutt’altro che omogeneo al suo interno. Se per alcuni suoi componenti l’invecchiamento può essere solo alleviato nei suoi sintomi attraverso prodotti (ad esempio creme cosmetiche e farmaci) che riavvicinino l’anziano agli standard estetici e di performance della popolazione giovanile,
per altri l’aspettativa di vita può essere prolungata o trovando cure alle malattie tipiche dell’età avanzata oppure attraverso la ricerca biomedica. Per altri ancora, infine, sarebbe plausibile pensare di arrivare ad un completo controllo dei processi di invecchiamento, così da costruire una società in cui la morte per malattia è abolita.
Successivamente, si mostrerà come le retoriche e le pratiche di anti-aging non siano prive di conseguenze per la nostra società. Prima di tutto il movimento anti-aging parte dall’assunto che l’invecchiamento sia un processo di per sé patologico e indesiderabile, un presupposto che rischia di vanificare gli sforzi compiuti finora per rappresentare la terza età come una fase positiva della vita, ricca di risorse conoscitive ed esperienziali importanti per le generazioni più giovani. In secondo luogo, i trattamenti clinici promossi dal movimento anti-aging hanno effetti spesso inconsistenti o addirittura dannosi per la
popolazione anziana, rivelandosi profondamente intrecciati con interessi di tipo economico
e con la cosiddetta cultura del consumo.